Era presente al primo raduno e si chiamava Maria. Nel 1971 Ballabio, sulla sponda lecchese del lago di Como, era un bel posto per cantare in libertà, come già avevano fatto quelli di Woodstock, in America. Lì avrebbe incontrato tanti come lei, che sapevano ascoltare le parole del vento e leggere la poesia dei fiori. Un posto dove nessuno avrebbe fatto caso all’abito che indossava, lo stesso che sua madre portava quand’era ra-gazza.
Una bellissima esperienza e non fece caso alla sparuta avan-guardia di osservatori di cose curiose, in fondo soltanto una dozzina di pensionati che scuotevano la testa.
Al Parco Lambro di Milano, alcuni anni dopo, i curiosi erano molti di più, tutt’altro che pensionati e non pochi muniti di macchina fotografica: “Andiamo a vedere cosa fanno quei mat-ti, dicono che ci sono anche le ragazze che ballano nude.” “Ma chi sono?” “Come cazzo, non sai chi sono i figli dei fiori? Ci dicono ippi, andiamo dai.” Insomma, gente che i fiori li com-prava il giorno dei morti lamentandosi del prezzo.
“Non mi piace, vado via”, disse tra sé Maria guardandosi intor-no, ben oltre quelli che ormai si sentivano attori, senza sapere, o fingendo di non sapere, che era ormai avanspettacolo dozzinale: “Mancano soltanto le gite scolastiche.”
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