La fiducia è in parlamento, ma la storia siamo noi.

Non ci si faccia portare fuori strada dal discorso d’insediamento del nuovo premier, in cui si é detto quello che si poteva dire ad una platea di eletti tanto frazionata quanto poi unanime nel votare una fiducia di mera convenienza.

Il vero discorso di Draghi rimane quello della sua vera scesa in politica, a Rimini al meeting di Cl, davanti ad una platea diversa, molto più amica, poiché affaristica, religiosa e tutta votata alla crescita. In quell’occasione si sottolineò che da ogni crisi finanziaria si é sempre usciti, senza ricordare come e a quale prezzo, e come bisognasse andare oltre la politica dei sussidi.

Questa é, a mio avviso, la platea a cui il presidente Draghi ama rivolgersi che é però immensamente distante dal paese reale composto dagli sfruttati e sottopagati sul lavoro, dai disoccupati, dagli emarginati, dai truffati dalle banche, dai vessati dallo stato cattivo pagatore, da giovani emigrati fuggiti a cercar fortuna all’estero nonostante una laurea e da tanti padri e madri di famiglia che, nonostante un lavoro, faticano a tirare avanti.

Ecco, nel discorso di ieri, salvo poche e scontate parole sulle donne e sulle generazioni future (comodo svegliarsi adesso), ci si é rivolti ad una stanca platea politica per ottenere una fiducia che, ci si ricordi bene, solo il cittadino comune e quindi la storia potranno, in un futuro non molto lontano, realmente concedere.

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